COMUNITA' MONTANA VALTELLINA DI SONDRIO CENSIMENTO DEI BENI CULTURALI SCHEDA RELATIVA AI BENI ETNOGRAFICI Numero di scheda 3.32 A - Denominazione del bene: TORNI DI VALBRUTTA B - Localizzazione B1 Comune LANZADA B3 Località o toponimo VALBRUTTA C - Cartografia C1 Carta tecnica regionale (scala 1:10000) n. C2D4 C1.1 Coordinate Y 5126700 C1.2 Coordinate X 1570300 C1.3 Quote s.l.m. 1450 D - Attuale proprietà D3 [X] Privati D4 Nome e indirizzo GIORDANI GUIDO VIA BERNINA N. 198, LANZADA E - Edificazione e restauro E1 Epoca di edificazione E1.1 [ ] Medioevo E1.4 [X] 1700 - 1800 E3 [X] L' aspetto architettonico: E3.1 [X] Presenta una sostanziale unità F - Generalità sull'edificio nel rapporto con l'ambiente F1 [X] Collocazione F1.1 [X] Edificio isolato F2 [X] Destinazione d'uso dell'edificio: F2.2 [X] Solo impianto produttivo F2.2.9 [X] Tornio F3 [X] Uso tecnologico delle risorse ambientali: F3.1 [X] Canali di adduzione dell'acqua G - Strutture G1 Dimensioni e rapporti plano-volumetrici Denominazione Alt. Larg. Lungh. Piani del corpo 4 4 4 2 H - Copertura H1 Falde n. 1 H2 Tegole H2.4 [X] Lamiera H3.3 [X] Solo terzere appoggiate ai muri H4 [X] Grondaia H4.1 [X] Non presente H6 [X] Stato di conservazione del tetto H6.2 [X] Rilevata e valutata H6.2.2 [X] Discreta H7 [X] Note relative alla copertura: LA COPERTURA ORIGINARIA ERA IN LASTRE DI PIETRA LOCALE I - Tecnica di edificazione I1 Fondazioni I1.1 [X] Su roccia I2 Tecnica muraria I2.2 [X] Rabbocco a calce I3 Strutture murarie I3.1 [X] Portante continua I4 Stato di conservazione delle opere murarie: I4.1 [X] Buone / nessun segno evidente di degrado L - Altri elementi architettonici L1 Volte e solai L1.1 [X] Materiale L1.1.1 [X] Legno L1.2 [X] Forma del soffitto L1.2.1 [X] Perfettamente parallelo al pavimento L1.2.1.1 [X] Travi in legno a vista L2 [X] Pavimenti L2.1 [X] Materiale: Materiale Dove [X] Legno - in lunghe assi PIANO RIALZATO [X] Pietra - terrabattuta PIANO SEMINTERRATO L4 [X] Finestre L4.1 [X] Materiale Materiale architrave arco spalle davanzali dove --------------------------------------------------------------------------------- - blocchi non lavorati X X - muro con rabbocco X L4.2 [X] Finestre semplici L4.2.1 [X] Monofora architravata L4.5 [X] Altre informazioni sulle finestre L4.5.3 [X] Inferriate presenti L4.5.4 [X] Sguinci o strombature L6 [X] Portale e porte L6.1 [X] Materiale Materiale a.trave arco spalle soglia altro - Blocchi non lavorati X X - Con rabbocco X L6.2 [X] Forma L6.2.1 [X] Architrave semplice L6.3 [X] Battenti o ante L6.3.1 [X] Articolati in n. pezzi: 1 L6.4 [X] Altre informazioni L6.4.1 [X] In evidenza la presenza di chiodi L6.4.1.2 [X] In ferro a mano M - Strutture sotterranee M2 [X] Strutture sotterranee non presenti S2 [X] Allacciamento alla rete elettrica S3 [X] Riscaldamento S3.2 [X] Camini T - Riferimenti bibliografici - Luigi De Bernardi, Valmalenco una lunga storia, Litografia Mitta, Sondrio, 1986. - Mario Salvadeo, Simon Pietro Picceni, Parlàa Calmùn, Polaris, Sondrio, 1998. T - Fonti documentali V - Notizie storiche sull'edificio W - Data del rilievo 24.07.99 X - Data dell' aggiornamento 21.05.00 Y - Descrizione In Descrittione de l’Italia del 1550, Leandro Alberti riferendosi al suo viaggio in Valmanenco scrive: …qui cavansi le pietre da far lavezzi di cuocer cibi, li quali son portati per tutta Italia. E’ evidente come l’attività di produzione e commercio dei caratteristici recipienti per la cottura e la conservazione dei cibi, realizzati in pietra ollare, sia antica in Valmalenco. Essa era diffusa in tre aree collocate rispettivamente in comune di Torre S. Maria, in comune di Chiesa in Valmalenco ed in Valbrutta, in comune di Lanzada. In quest’ultima zona la materia prima presentava caratteristiche fisiche e chimiche diverse dalle altre. Il talcoscisto, di colore grigiastro e viscido al tatto, veniva estratto dai cunicoli scavati nelle ripide pendici dell’imbocco della Valbrutta. Il toponimo indica la particolarità degli aspetti ambientali e paesaggistici della valle, delimitata da scoscesi e rocciosi versanti ravvicinati e solcata sul fondo dal torrente Largone le cui acque azionavano i torni di lavorazione. Testimonianze di vari storici dimostrano che nel XVIII secolo l’attività era in pieno sviluppo, ed i prodotti venivano commercializzati principalmente in Valtellina e Valchiavenna, a Poschiavo, nel Ticino, nei territori delle provincie di Brescia, di Bergamo, nel Veneto e nel Piemonte. L’estrazione della materia prima si svolgeva nel sottosuolo mediante la formazione di strette e lunghe gallerie, le trune, scavate in profondità anche per centinaia di metri, con il semplice uso di picconi e cunei di ferro. Dai massi ricavati, detti ciapun, si ottenevano da tre a otto laveggi. La pietra veniva lavorata con l’utilizzo del tornio idraulico ad asse orizzontale, posto alla quota del pavimento della piccola costruzione in cui si trovava. L’operatore sedeva su un’asse, con le gambe infilate nella fossa sottostante. L’edificio stesso veniva denominato turn. Era generalmente a pianta quadrata e con copertura ad una falda orientata secondo la pendenza del terreno. Si componeva di un piano seminterrato, dove si trovava il tornio e di un livello rialzato destinato a magazzino o promiscuamente a magazzino e dormitorio. Fino all’inzio del XX secolo erano in funzione tredici torni, posizionati lungo il torrente Largone, perlopiù distrutti dalle piene del 1911 e del 1927. Si salvò il tornio del Migola, posizionato più a monte rispetto agli altri. Esso conserva i caratteri rappresentativi dell’antica tipologia ed è realizzato in pietrame e malta, con copertura ad una falda costituita da lamiere ondulate. Il piano seminterrato è accessibile da una piccola porta ed illuminato da una finestra rivolta a valle. Vi è conservato l’antico tornio, azionato elettricamente dal 1974. Il livello superiore, adibito a magazzino, ha l’accesso a monte ed una piccola apertura d’illuminazione. Oltre ad esso sono presenti altri edifici, in stato di abbandono, rappresentativi della stessa tipologia.
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